Nel periodo tra gli anni Ottanta e Novanta il campo narratologico ha attraversato una fase critica, o destruens, legata alla decostruzione della narratologia classica o strutturalista, ma altresì ai postcolonial e women studies, che ha portato a una ricostruzione dei modelli interpretativi narratologici della generazione precedente verso una direzione subject-oriented. Il processo di orientamento al fruitore ha inizio con la teoria funzionalista di Meir Sternberg, secondo cui la narratologia deve analizzare quale effetto ha e quale funzione svolge un dispositivo narrativo nei confronti del lettore, è proseguita con la prospettiva teorica “naturale” di Monica Fludernik, dove gli schemi mentali (naturali) del lettore vengono assunti come essenziali nello studio dei testi narrativi, per poi giungere all’approccio cognitivista (adottato tra gli altri da studiosi come Marie-Laure Ryan, David Herman, Uri Margolin, Alan Palmer, Lisa Zunshine ecc.), secondo il quale la narrazione è concepita anche come un processo cognitivo, uno strumento di pensiero, per cui l’interesse si è rivolto verso i procedimenti mentali del soggetto che produce o fruisce un testo narrativo.

Stefano Calabrese ha ripreso, per poi svilupparlo e ampliarlo, questo innovativo ambito della comparatistica, applicando – sia in termini teorici generali, sia con analisi dei testi rigorose – per la prima volta a livello nazionale le acquisizioni neuroscientifiche e cognitiviste alle morfologie e ai generi narrativi. Si pensi ai suoi studi relativi a: le narrazioni intese come palestre cognitive di predittività, mind reading e comprensione empatica; il circuito delle regioni cerebrali deputate al racconto attivo o passivo e alla condivisione delle esperienze – Default Mode Network – che ci consente sia la costruzione degli intrecci narrativi che l’allestimento di scenari emozionali credibili e immersivi, i quali hanno esiti addirittura endocrini (ossitocina, cortisolo, dopamina ecc.); il ruolo delle narrazioni nella costituzione del Self a livello neurale, sociale e culturale; la capacità di isolare dal flusso esperienziale eventi autonomi, basandoci sui cambiamenti di spazio, tempo, azione, finalità (Event Segmentation Theory), e come l’eventuale diminuzione di uno di questi fattori renda più complessa la comprensione dell’evento, la sua identificazione e la sua memoria ecc.

Secondo i cognitivisti una narrazione deve essere intesa non solo come l’unione di storia e discorso (divisione elaborata dai formalisti russi), ma anche come un tipo di testo in grado di evocare un certo tipo di immagine nella mente del destinatario, e per tale motivo il nucleo essenziale di qualsiasi narrazione è stato classificato in sette componenti: 1. il setting, cioè l’ambientazione spazio-contestuale; 2. il fattore causale, che induce una trasformazione iniziale nel setting; 3. la risposta interna, cioè la motivazione dell’attore nel reagire alla trasformazione del setting; 4. l’obiettivo, che indica la direzione del desiderio da parte dell’attore di ridefinire il setting attraverso 5. un’intenzione, da cui si genera 6.un’azione consequenziale e infine si giunge a 7. una reazione. Dunque le sette componenti del nucleo essenziale di qualsiasi narrazione si traducono essenzialmente in tre neuro-strutture di base del racconto: agentività, ambientazione e scopo.

Ma non è tutto, perché i cognitivisti si sono resi conto che la nostra mente, a partire dall’infanzia, si fonda sulla connessione crono-causale di episodi, in sostanza la nostra mente si fonda su narrazioni in cui stadio dopo stadio apprendiamo a correlare eventi come cause ed effetti, o a fare di uno stato interiore il motore di un fatto esterno, o a interpretare un fatto esterno come motore di un cambiamento interiore, o a rapportare la nostra evoluzione interiore al contesto in cui agiamo. Simultaneamente, sempre i cognitivisti hanno anche messo in luce che quando osserviamo qualcosa, o lo raccontiamo, o ascoltiamo il racconto di questo qualcosa lo classifichiamo sulla base di un confronto con un modello stereotipico, derivato da esperienze simili registrate nella memoria: ossia ogni nuova esperienza viene valutata sulla base della sua conformità o difformità rispetto a uno schema pregresso. In altri termini, ogni nostra esperienza ‒ vissuta, osservata, letta ‒ viene classificata e codificata sulla base della sua conformità o difformità rispetto a uno schema pregresso di frames (o schemata) e scripts derivato da esperienze simili registrate nella memoria.

Ed è anche grazie alle suddette scoperte che le narrazioni non hanno mai goduto di migliore salute come oggi, così come la narratologia: a partire dal narrative turn degli anni Novanta, alcuni dei più svariati ambiti tradizionalmente anarrativi (come la politica, il marketing, l’ambito giuridico, l’advertising, la medicina, l’intelligenza artificiale) hanno per così dire “inglobato” la narrazione all’interno del loro impianto teorico-metodologico. Tali ambiti hanno non solo riconosciuto il valore e le potenzialità della narrazione, ma l’hanno addirittura elevata a dimensione caratterizzante degli esseri umani.

Per approfondimenti:

Calabrese S., Conti V. (2024), Eserciziario di neuronarratologia. Per una grammatica della fantasia, Milano, Pearson.

Calabrese S. (2024), La narrazione. Letteratura, storie di vita, visual storytelling, Milano, Pearson.

Calabrese S. (2023), Neuro-Narratology. The Neural Secrets of Narration, Berlin, Peter Lang.

Calabrese S. (2023), The Neural Secrets of Narration, in “Enthymema”, 31, pp. 319-337. 

Calabrese S. (2022), Neurogenesi del tifo calcistico: il caso di Osvaldo Soriano, in “Testo e Senso”, 24, pp. 89-100.

Calabrese S. (2020), Della segmentazione. La riconoscibilità cognitiva degli eventi nelle narrazioni, in “Symbolon”, 11, pp. 115-136.

Calabrese S. (2017), La letteratura e la mente. Svevo cognitivista, Milano, Meltemi.

Calabrese S. (2017), ‘Tell-tale brain’: Joyce visto da Debenedetti, in “Ermeneutica letteraria”, 13, pp. 29-37.

Calabrese S. (2015), La suspense come addestramento predittivo, in “Reti, Saperi, Linguaggi”, 2, pp. 299-318.

Calabrese S. (2013),Neurogenesi del controfattuale, in “Enthymema”, 8, pp. 96-109.

Calabrese S. (a cura di) (2009), Neuronarratologia. Il futuro dellanalisi del racconto, Bologna, Archetipolibri.

Calabrese S. (in collaborazione con Conti V.) (2020), Neuronarrazioni, Milano, Editrice Bibliografica.

Calabrese S. (in collaborazione con Fioroni F.) (2012), Leggere la mente. La lettura come stile di vita, Bologna, Archetipolibri.

Calabrese S., Contini A. (eds.) (2022), Forms and Uses of Argument.Transdisciplinary Aspects of Figurative Language: from Aesthetics to Neuroscience, Berlin, Peter Lang.

Calabrese S., Nedkova D. (2020), Destra e sinistra al tempo delle neuroscienze. Dalla letteratura al design, Milano Mimesis.